Didattica a distanza: come usare bene o meno uno strumento.

Molto si sta dicendo sulla didattica a distanza, e molte, e molto diverse tra loro, sono le testimonianze che arrivano su questa esperienza. Come sempre sono le persone a fare la differenza, come sempre uno strumento può essere un’opportunità o un danno. Una cosa è certa tutti usiamo i media e la tecnologia, soprattutto quando non possiamo fare di persona. Pensiamo agli innamorati…che splendido strumento internet è per loro per poter comunicare a distanza, quando non possono vedersi o quando desiderano condividere un tramonto! Perché dovremmo pensare che bambini e ragazzi non abbiano bisogno di usare questo strumento in questo momento? Forse perché pensiamo che scuola e ragazzi non siano poi così innamorati…

Partiamo allora da fare chiarezza sulle indicazioni del Ministero, perchè chiaramente ci forniscono la rotta entro la quale si muovono i docenti. E a mio avviso partire dalla cornice ci aiuta a capire meglio anche cosa cambiare o migliorare. Rispetto alle indicazioni su cosa significhi “didattica a distanza” il Ministero si esprime così:

“Non si tratta, voglio sottolinearlo, di un adempimento formale, perché nulla di meramente formale può essere richiesto in un frangente come questo. Occorre ritornare, al di fuori della logica dell’adempimento e della quantificazione, alle coordinate essenziali dell’azione del sistema scolastico.”

Il valore della didattica a distanza è quello di

“Da un lato, sollecita l’intera comunità educante, nel novero delle responsabilità professionali e, prima ancora, etiche di ciascuno, a continuare a perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola”, ma “non a scuola” e del fare, per l’appunto, “comunità”. Mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combatte il rischio di isolamento e di demotivazione. Le interazioni tra docenti e studenti possono essere il collante che mantiene, e rafforza, la trama di rapporti, la condivisione della sfida che si ha di fronte e la propensione ad affrontare una situazione imprevista. “

Continua:

“Nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di dare vita a un “ambiente di apprendimento”, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta.

“Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento.”

Un riferimento importante viene fatto anche alla necessità dei docenti di coordinarsi per scongiurare l’eccessivo carico cognitivo.

Queste indicazioni possono essere usate da tutte noi per riportare l’attenzione sui punti chiave della didattica a distanza e se alcuni docenti caricano eccessivamente, danno voti e “quantificano” quanto viene fatto ora, noi possiamo far presente che il Ministero ci dice altro. Tutti dobbiamo farci carico che le cose funzionino.

Per coloro che volessero prendere visione dell’intero documento possono trovarlo sul Sito del Ministero dell’Istruzione. Personalmente ritengo che il primo e irrinunciabile motivo che segna la necessità di questo strumento sia sancire l’importanza della presenza dell’educatore al fianco del bambino/ragazzo, educatore con cui è stato in relazione fino a poco tempo fa quotidinamente. Ho saputo di situazioni in cui questo strumento ha consentito agli insegnanti di venire a conoscenza di situazioni di disagio e di abbandono emotivo di alcuni loro alunni nel contesto familiare, altrimenti rimaste sommerse, situazioni che nel contesto scolastico non erano così evidenti perché il bambino disponeva appunto dell’ambiente scuola per sentirsi visto e seguito. Non sempre la scuola è la sede del disagio, a volte è l’unico ambiente positivo che i bambini hanno a disposizione. Dobbiamo pensare che la realtà comprende tante cose diverse e complesse tra loro.

Con i miei figli, di età diverse, scuola primaria, scuola secondaria, e liceo, ho potuto osservare la gioia negli occhi di vedere on line i propri compagni “scomparsi” improvvisamente, il desiderio di impegnarsi in un’attività diversa, e anche il poco “dignitoso” seguire una lezione sotto le coperte in pigiama. Ho scoperto che quel compagno di mia figlia aveva un fratellino piccolo accanto mentre faceva lezione, che lo “disturbava”, e ho visto i compagni impegnarsi per dare attenzione al bambino in modo che poi potesse lasciar libero il fratello dall’imbarazzo. Ho visto l’insegnante che faceva lezione mentre l’idraulico le aggiustava un tubo in cucina. E ho visto anche insegnanti arrabbiarsi e caricare inutilmente di compiti poco significativi i propri alunni. Insomma ho visto cose incredibilmente umane che in nessun modo mi invitano a dire che questo strumento non sia giusto.

Ho potuto anche valutare che in una visione futura, la didattica a distanza potrebbe essere integrata con quella di presenza, offrendo la possibilità di avere più tempo libero a disposizione per vivere la casa, i familiari e gli spazi all’aperto. Alcuni possono avere i genitori a disposizione per fare esperienze a casa, nei viaggi e nel verde e aver meno bisogno dell’istituzione, mentre altri potrebbero avere molto bisogno di andare a scuola perchè i loro genitori sono tutto il giorno a lavoro, o non hanno le condizioni per occuparsi di loro. Le esigenze sono diverse, e una scuola comunitaria e ugualitaria non dà a tutti le stesse cose, ma dà ad ognuno le cose di cui ha bisogno. Se la si usa con intelligenza, la didattica a distanza, può favorire il tempo libero e il movimento e non inchiodare a uno schermo o privare del contatto. Tutto dipende dall’uso che se ne fa.

Uno dei grandi limiti della scuola negli anni è diventato la grande rigidità e il proliferare di una burocrazia che ha chiuso significati invece di aprirne, che ha reso tutto più difficile da conciliare invece che integrarsi con la vita fuori dall’edificio scolastico. La pandemia che stiamo attraversando ci ha messo di fronte ad esempio ai rischi degli ambienti affollati e dell’urbanizzazione eccessiva, ci ha fatto capire quanto la natura e l’aria aperta siano indispensabili per l’essere umano. Si potrebbe ripartire da qui per pensare una scuola che sia più nelle strade, nel verde delle città, negli spazi pubblici e non solo nelle aule. Questo può essere il momento per dare elasticità e accortezza all’educazione, per disegnare un modo nuovo di pensare la scuola.

La didattica a distanza può esserne uno dei preziosi strumenti. Adesso la didattica a distanza deve essere presentata dagli insegnanti come il tentativo di essere a fianco dei loro alunni, deve essere dato spazio in questo momento all’espressione emotiva, alla partecipazione e alla necessità di restare in relazione gli uni con gli altri. Si tratta dello sguardo, dell’espressione, del tono della voce che offre l’insegnate che possono fare la differenza. Se non cerchiamo di recuperare l’umano, anche la didattica a distanza può essere uno strumento dannoso, ma non lo è di per sè, non necessariamente inchioda il bambino a uno schermo, ma può essere l’occasione per l’insegnante, in quella mezz’ora di lezione, di proporre attività creative e di movimento, o per ricordare come passare la giornata in modo salutare in questo momento di clausura.

Come sempre siamo noi i primi protagonisti del cambiamento e insieme possiamo pensare un modo nuovo di stare al fianco delle nuove generazioni.

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