
A quanti di noi avendo avuto dei figli o essendo stati a contatto con dei bambini sarà capitato la famosa “bua” al ginocchio, alla testa o chissà dove, che con un semplice bacio scompariva? Questo gesto magico ma così prezioso racconta tutto il mondo del bambino e della sua esperienza corporea, un corpo, quello del bambino, che comunica fin dalla nascita tutti i bisogni, da quelli di nutrimento a quelli emotivi e psichici, un corpo che va accolto e compreso per poter pian piano fare emergere i pensieri, le parole, e le emozioni che diventano parole. Quanti bambini e quante famiglie ho aiutato negli anni in cui lavoravo in Ospedale pediatrico e poi nel mio studio professionale nel dare voce a quel corpo, a quei mal di pancia ricorrenti, ai mal di testa, alle difficoltà a fare cacca o pipì..che altro non erano che emozioni non espresse, conflitti non risolti…un mondo, quello del corpo del bambino ma anche dell’adolescente, che non deve spaventare perchè se accolto e compreso può fornire un’ottima rotta per comprendere le parti di sé più difficili da esprimere e crescere in consapevolezza.
Ecco, ora è un momento delicato per i corpi, soprattutto quelli in crescita perché il corpo è diventato improvvisamente veicolo di contagio, di paura e di emergenza. I bambini però non hanno gli strumenti di cui disponiamo noi adulti per poter comprendere e filtrare certe regole, per poter capire la differenza tra contesti e situazioni. I bambini dai primi anni di vita fino all’età indicativamente delle scuole medie, hanno un pensiero inizialmente magico e poi concreto, ma non dispongono del pensiero astratto, quello appunto che ti permette di interpretare la realtà in un’ottica simbolica o metaforica. Lo sanno bene i medici e i pediatri che spesso visitano i bambini, i quali si ribellano, piangono e temono la visita, non hanno la capacità di pensare che possa servire a prevenire qualcosa, ma vivono semplicemente la realtà di sentirsi invasi, hanno paura della malattia e di sentire male. Questa che apparentemente può sembrare un’immaturità, è in realtà una risorsa infinita nella relazione tra adulto e bambino, dove il bambino essendo più ancorato alla realtà e al sentire del corpo, può offrire all’adulto che sa “ascoltare” una presa sullo stato delle cose ben più efficace. Quante volte i bambini ci spiazzano con considerazioni precise, semplici e dirette rispetto alla realtà. Quel corpo, a partire dal corpo del neonato, quanto comunica, quanto chiede, quanto bisogno di braccia e tenerezza!
Il distanziamento e la rilevazione della temperatura suscitano immediatamente un senso di pericolo nel bambino, soprattutto se accompagnato da ciò che per mesi hanno sentito dire in televisione (perché molti adulti espongono senza filtri i bambini alle notizie in tv), inoltre la febbre è quella cosa che da sempre rileva la madre o il padre, nella protezione della propria abitazione, e adesso avranno un termo scanner all’entrata della scuola. E’ un cambio di esperienza e percezione di sé e dei confini molto forte. Un termo scanner che potrebbe esporre agli occhi di tutti il loro essere “potenzialmente pericolosi” per gli altri. Perché così pensa un bambino se non adeguatamente ascoltato e accompagnato. Il sentimento della vergogna è un sentimento di cui aver molto rispetto in tutti, ma soprattutto nei bambini. E poi in classe il contatto coi compagni sarà vietato. Che privazione dolorosa! Non ci rendiamo conto che ci sono molti bambini che indipendentemente dalla pandemia, non ricevono contatto, abbracci e carezze nelle loro famiglie, e da tempo la scuola, i compagni sono i soli “luoghi” fisici dove poter ricevere il conforto di un corpo.
L’impatto traumatico del lockdown, della perdita di punti di riferimento fino a ieri comuni, è consistente e solo adulti consapevoli possono aiutare veramente i bambini e i ragazzi in questo passaggio così difficile.
Adesso dobbiamo saper guardare in faccia tutte queste cose e offrire risposte il più adeguate possibili, visto che le migliori ci sono negate. E per questo sento forte il desiderio di condividere degli strumenti possibili che mitighino l’impatto, perchè credo nella possibilità di attraversare insieme i dolori, anche i più insensati, anche i più incompresi, e ogni singolo insegnante deve sapere che egli stesso è uno strumento prezioso al servizio di questi bambini, ogni singolo insegnante può fare tanto con la sua presenza umana per accompagnare. Tutti possiamo essere testimoni soccorrevoli dell’altro.
- Il primo invito, per questi insegnanti costretti all’uso della mascherina, è di far appello allo sguardo! Comunicate agli alunni che è difficile stare lontani, che è difficile non potersi vedere nel volto per intero ma loro possono ancora di più cercare lo sguardo degli insegnanti, invitateli a guardarvi negli occhi, ditelo proprio con le parole (tornerò su questo più specificatamente).
- Vorrei poi suggerire di dedicare del tempo iniziale a raccontare, a elaborare, a trasformare l’esperienza di questi mesi. Non si tratta di parlare ma di ascoltare. Chiedere, chiedere ai bambini cosa hanno pensato, cosa hanno vissuto, cosa ha fatto loro paura e cosa li ha aiutati o divertiti. La narrazione è una forma indispensabile di elaborazione di ciò che ci accade e vi prego non siate in ansia di restare indietro col programma! Niente può entrare efficacemente nella mente di un bambino se essa non è libera e sgombra da tensioni e angoscia! Fatelo non come se fossero sotto esame, ma fatelo con la curiosità di conoscere, ditegli che siete curiosi di capire cosa hanno provato! E poi la narrazione se è personale ed emotiva, è un ottimo strumento anche per apprendere meglio il lessico e la struttura della frase. Si può fare tanta grammatica anche sull’esperienza emotiva, e poi saper trovare la parola giusta per esprimere un certo colore emotivo, che esperienza meravigliosa! Questo può essere fatto dalla scuola primaria al liceo. Usate anche il disegno, invitate a dipingere, a disegnare. Indicherò poi degli spunti per poter svolgere al meglio questa attività in modo che sia spontanea e rappresenti un proprio mondo interiore, senza essere diretta o frustrata da richieste esterne.
- Preoccuparsi che abbiano compreso bene cosa accade nel mondo, cosa è un virus, che non abbiano paure che in realtà possano essere confortate. Guardate che la mole di informazioni che è stata riversata in questi mesi è tanto ed è difficile per noi adulti, figuriamoci per i bambini. E sapere dà sicurezza, permette di orientarsi, scandagliamo bene che abbiano compreso ciò che accade intorno. Quanta scienza si può fare parlando di un virus o di sistema immunitario, quanta educazione civica si può fare partendo da questa esperienza di Pandemia!! Ripeto non abbiate timore che questo significhi perdere tempo, perchè non è così!
- Anche se niente può recuperare fino in fondo l’assenza di un contatto corporeo, possiamo diminuire la distanza del corpo seguendo dei piccoli accorgimenti che almeno avvicinino i cuori. Ogni mattina accoglieteli e fate un piccolo “esercizio” in cui ognuno dice come si sente, chiaramente dovete sempre dire che si può scegliere di non dire niente, perchè nessuno deve sentirsi forzato a dire come si sente, anche il silenzio è importante e va rispettato, e sarebbe ancora più importante che l’insegnante partecipasse al gioco, nessun apprendimento è migliore dell’esempio! Esprimere le emozioni è qualcosa che avviene spontaneamente se viviamo in un ambiente che parla di emozioni. Quanti di noi hanno avuto famiglie dove non si parlava di emozioni, non si parlava di paura, di gioia , di rabbia, dove non si accoglieva il pianto ecc… Ci sono anche tante altre attività che possono essere fatte, anche durante l’intervallo per aiutare una comunicazione emotiva in una comunità di persone e ve le suggerirò presto! Ma ripeto siate lenti, siate calmi, date spazio e tempo per osservare questi bambini in questo stato di “cattività”.
Vorrei concludere dicendo che ognuno di noi può fare tanto per rendere l’esperienza più umana, ma dobbiamo fare molta attenzione a non parlare solo di sicurezza e di distanza perché all’interno di una mente in crescita ciò può agire in tanti modi differenti e non buoni. Lamentarsi e basta può fare molto male a noi stessi e ai giovani che ci sentono, contribuiamo a buttar giù la possibilità di vedere un futuro. Costruiamo realtà diverse , a partire però dalla realtà emotiva in cui molti purtroppo sono costretti a stare. Stanno emergendo scuole alternative, genitori che si attivano per costruire qualcosa che abbia un senso, è bello e auguro a queste realtà di crescere prolifere. Le crisi avvengono anche per permetterci di cambiare quando le cose ormai sembrano non poter cambiare più. Io resto come sempre dalla parte di chi non può scegliere, di chi è più fragile, dalla parte del disagio. Parlare di responsabilità sociale e di regole da seguire è un compito arduo perché dovrebbe essere accompagnato da un’esperienza comunitaria reale dove sperimentare tutto ciò, e adesso è tutto volto all’isolamento del singolo “Non toccare”, “non ti avvicinare” ecc…
Comprendiamo quanto nutrimento dobbiamo portare con la nostra voce, il nostro movimento, il nostro sguardo per poter sopperire a questa enorme mancanza?
Dobbiamo riuscire a mettere insieme questi pezzi e farli stare in una cornice che abbia senso, o almeno un pò di senso, e questo lo possiamo fare solo se incentiviamo al massimo l’espressione emotiva. A presto e in bocca al lupo!!