Ora che piano piano tutto riparte l’importante è non dimenticare. Non dimenticare. No, non mi riferisco al virus e ai morti, che certo non dobbiamo dimenticare e ai quali andrebbe data una forma di giustizia, visto il modo in cui se ne sono andati. Mi riferisco ai pensieri, alle emozioni. Dovremmo fare in modo di non dimenticare quello che abbiamo provato, dovremmo continuare a tornare e ritornare alle emozioni che in quei giorni ci hanno abitato, perché questa è l’unica strada attraverso cui poter offrire una opportunità trasformativa di questo strano periodo di pandemia. Ho raccolto molte testimonianze, e posso dire che il confinamento ha prodotto un quantitativo di esperienze emotive, interne e sociali, molto consistente e molto in profondità, come ho cercato di raccontare in qualche mio precedente articolo, si sono create delle sorti di “visioni” verso la propria realtà interna (scoprire il rapporto coi propri figli, il piacere dell’intimità, il sentire estraneo chi ci sta intorno ecc..) e verso il pianeta (l’importanza del silenzio, della calma, del tempo vuoto, dell’inquinamento). Non tutto è stato negativo. Se ci è piaciuto il silenzio e l’aria tersa, impegnamoci realmente ad andare più a piedi o in bicicletta. Se ci siamo accorti che di molte cose ne abbiamo fatto a meno, continuiamo a vivere in economia.